logo-mini

Condividilo con i tuoi amici!

2014-08 Campo Estivo Esploratori

Se qualcuno chiedesse ad un gruppo di esploratori di esprimere con una parola cosa per loro rappresenti lo scautismo, alcuni non avranno problemi a rispondere, diranno senza indugio: “rispetto”, “avventura” o “amicizia”; mentre altri più insicuri e a mio avviso più saggi, risponderanno che non c’è una sola parola per descrivere cosa vuol dire essere scout. Se però si volesse proprio trovare una definizione, il campo estivo appena concluso a Corteno Golgi potrebbe essere un buon esempio del giusto spirito necessario per essere un buon esploratore.

Da un campo estivo bisogna aspettarsi di tutto. Perché è il campo estivo l’evento in cui si hanno più soddisfazioni, ma allo stesso tempo più delusioni. E così sarà. Il nostro sarà infatti un classico campo estivo con risate, momenti seri, svolte del programma, pianti. Anzi, non sarà per niente un campo estivo classico, poiché lo scautismo è sempre imprevedibile, ed ogni incontro tra scout è semplicemente unico. Per cui non saprei cosa aspettarmi, se non che mi divertirò. Non vi ho ancora detto che domani partirò per il mio campo estivo, ed è per questo che ora mi ritrovo seduto al bordo del mio letto scrutando distrattamente la lista delle cose da portare tra le mie mani per verificare di non aver dimenticato nulla. Ma sicuramente avrò dimenticato qualcosa.. se no che campo estivo sarebbe?

Fin dal primo giorno di campo, gli spavaldi esploratori del Vicenza 2 hanno cominciato la costruzione di strutture sopraelevate, sopra la quale furono montate delle tende, che fungevano da tetto ad un tavolo, equipaggiato con panchine nella quale gli stessi ragazzi mangiavano. Solo l’efficace organizzazione dello spazio, era segno di serietà e voglia di fare tipici del bravo scout. Se poi si prendono in considerazione le attività che questi ragazzi svolsero quasi giornalmente, questa sfocata visione diverrà piu nitida.

Giorno di prigionia numero uno. So che il primo giorno di un campo estivo costituisce sempre un preludio di come sarà l’intero campo, e non posso non mettermi le mani tra i capelli. Fin dalle 7 del  mattino infatti i capi non ci hanno risparmiato e grossi pali e pesanti bancali dovevano essere caricati sopra i due furgoni che ci attendevano immobili e minacciosi appena fuori dalla sede. Subito un lungo viaggio ci attendeva poi verso quello che sarebbe stato il nostro comodo alloggio. Con “comodo alloggio” intendo una tenda (la stessa non lavata di tutti gli anni) issata sopra una sopraelevata costruita interamente da noi, sulla quale è consigliabile fin dal primo giorno non salirci in più di una persona. Che i giochi abbiano inizio.

Come prima cosa gli esploratori si dilettarono mutando l’aspetto del ferro padroneggiando il fuoco come veri maestri, il giorno seguente sfidarono la gravità percorrendo pericolosissimi sentieri tra i rami più alti degli alberi del bosco di Polsa, senza temere che l’aria sotto i loro piedi li risucchiasse. Lo stesso giorno riscrissero la storia del mini golf, dimostrando doti innate e rivelandosi prodighi nel settore sportivo in genere, arrivando addirittura a fondere il baseball con il golf tradizionale, creando un nuovo, pericoloso ed emozionante sport.

Qualche giorno è passato dall’inizio del campo e ancora mi chiedo come faccio ad essere uno scout. Sono completamente sfinito. E dire che abbiamo avuto anche una giornata di intero svago quando siamo andati all’acropark e abbiamo fatto valere le nostre doti innate da scalatori e la nostra infinita agilità. In seguito, sempre lo stesso giorno, abbiamo dato libero sfogo alle nostre braccia che, non appena si sono trovate in mano una mazza da golf e per terra una pallina, hanno cominciato a colpire da tutte le parti, portando via ogni volta anche un metro della terra sottostante.

La mattina seguente, rumori di pentole e profumi di prelibate pietanze giungevano ad ogni parte del piccolo paese, infatti al campo era in corso una gara di di alta-cucina, che vedeva come giudici e assaggiatori i tre critici culinari più temuti in assoluto. La sfida consisteva nel cucinare e allo stesso tempo presentare i piatti in un contesto che esprimesse le personalità della squadra e non le condizioni precarie dei paesi meno sviluppati.

Un altro giorno è passato ed è terminato con un meritatissimo vasetto di nutella VERA, esemplare assolutamente raro, se non inesistente in ambienti scout. Non sono sufficienti però le cosiddette sette camicie sudate per descrivere quanta fatica e sofferenza è costato al reparto questo umile ma giusto premio. Ore e ore di preghiere davanti ai focolari utilizzati per cucinare, soprattutto per quanto riguarda il budino previsto come dessert, che pareva non volesse cucinarsi (alcuni ancora giurano di averlo sentito sussurrare “non voglio cuocermi!”). Per non parlare dei giudici, sempre imprevedibili e con alcune convinzioni veramente assurde. Peggio di X Factor.

La vera sfida si vide il giorno del tanto atteso e ancor più temuto Hike, nel quale i ragazzi dovettero attraversare impervie salite e innumerevoli difficoltà prima di potersi di nuovo rilassare nelle loro amate sopraelevate. Il viaggio di andata, in parte accompagnato dai capi, si dimostrò piacevole e relativamente breve. I ragazzi avrebbero dovuto assistere ad un concerto di una banda di piccole marmotte del bosco, che cantavano i più famosi inni locali alla natura, ma sfortunatamente quando raggiunsero il luogo, non trovarono nessun piccolo animale, solo un ammasso di persone che prendevano il sole e chiedevano ai giovani scout informazioni relativamente a loro utili, riguardo l’avventura che stavano vivendo. Un po’ delusi, ma ancora pieni di coraggio e voglia di scoprire, gli esploratori s’incamminarono verso le loro mete, una per ognuna delle tre pattuglie. Il tragitto che seguirono mostrava in tutta la sua bellezza l’intera valle sottostante e oltre le cime più basse s’intravedevano paesi lontani, il tutto circondati da una leggera brezza che rendeva il sole meno bollente. Grazie alla splendida bellezza della natura, anche quando gli artifici umani tentano di nasconderla, la definizione dei ragazzi di bellezza e splendore si era ampliata, il che gli fece nuovamente rimpiangere il coro di animaletti del bosco che si erano persi.

Se credete che la parola “hike” sia tutto sommato armoniosa e che trasmetta allegria e serenità, è meglio che non vi facciate sentire da qualche esploratore. O almeno da quelli del mio reparto. Devo ammettere che quest’anno i capi ci hanno “graziato” un po’ di più rispetto agli altri anni, ma le emozioni positive e negative non sono comunque mancate. Sì perché una persona tra noi che comincia a sentirsi male ci può stare; in seguito la necessaria richiesta di aiuto a una pizzeria immersa nel nulla può anche essere accettabile, ma arrivare a perderci nei boschi quando per tornare al campo c’è solo un sentiero da percorrere senza bivi di alcun tipo è troppo!

Ancora storditi dalla fantastica esperienza i giovani scout incontrarono l’ammiccante padrone del campo che occupavano, non che produttore di formaggio, che aveva la fama di saper letteralmente ‘ammazzare’ il suo povero latte. Dopo aver appreso le basi della formaggistica, senza neppur aver assaggiato un po’ di formaggio, passarono il resto della mattinata a osservare un piccolo vitello che affamato e impaurito si chiedeva cosa ne sarebbe stato del suo futuro.

Ammazzare il latte. Non ho parole.

I giorni passarono e presto venne l’ora di smontare le tende e caricare tutto per il ritorno a casa, ma anche tra un compito e l’altro i ragazzi trovarono il tempo di creare uno scivolo d’acqua e sapone, lungo il breve pendio sottostante al campo, e anche in quell’occasione le risate non furono da meno, poi dopo la serata di effettiva chiusura del campo estivo, con la tradizionale procedura (che non citerò per motivi di copyright) raggiunsero casa, dove di avventure non c’è neanche l’ombra e dove i canti della marmotte non giungono, ma un giovane esploratore, ovunque egli sia, non sarà mai indifferente al richiamo della natura.

La giornata di ieri è stata quasi esclusivamente dedicata allo sfogo, in quanto tutti (o quasi) gli esploratori si sono cimentati in giochi acquatici che comprendevano un enorme scivolo sul quale la metà di loro si è sicuramente fracassata le ossa e non ha avuto il coraggio di ammetterlo. Ieri sera, invece, colpo di scena nel bel mezzo di un rituale tipico del nostro reparto quando il cielo ha letteralmente deciso di far piovere sassi. Non è stato diverso questa notte in quanto il dolce risveglio di questa mattina è stato un palo della nostra tenda che si appoggiava sulla mia fronte. Ora siamo in viaggio di ritorno, senza i capi, e posso finalmente dire di aver concluso il campo, anche se non ufficialmente. Tante cose sono successe, io mi sono soffermato sicuramente sulle più significative. Mi sento triste e malinconico poiché questo è il mio ultimo campo da esploratore, ma posso dire che fino a questo momento non mi pento delle scelte che ho fatto. Mi guardo intorno sul treno e mi soffermo per una volta a guardare, uno per uno, gli occhi di tutti i miei fedeli compagni di avventure. Compagni che, come me, non si sono mai arresi. Compagni a cui voglio bene.

Camilla Carolo e Nicola Vellere

Le foto sono circa 660. Se è la prima volta che guardi le foto di questo articolo dal tuo dispositivo, potrebbe metterci qualche secondo per caricarle (dipende dalla velocità della connessione internet).

 

Un breve filmato (grazie a Martina):

 


Leave a Comment